Che cos’è la liberazione anticipata e come si richiede
Cos’è la liberazione anticipata?
La liberazione anticipata (art. 54 L. n. 354/1975) consiste in uno scomputo di 45 giorni dal totale della pena detentiva, per ogni semestre di pena scontata.
Lo scopo è incentivare la buona condotta ed il reinserimento nella società. La misura è volta a premiare il detenuto che abbia tenuto una condotta meritevole, e a contrastare il sovraffollamento delle carceri.
Quanti giorni di pena ti tolgono con la liberazione anticipata?
Ad ogni sei mesi di pena scontata (compreso il presofferto in detenzione domiciliare, custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari) verranno detratti 45 giorni dal totale della pena comminata con sentenza definitiva.
Chi può chiedere la liberazione anticipata?
Può beneficiarne il condannato a pena detentiva con sentenza passata in giudicato che abbia dato prova di buona condotta e partecipazione attiva all’opera di rieducazione. Può beneficiarne parimenti il condannato all’ergastolo ai soli fini del computo della quantità di pena così detratta nella quantità scontata richiesta per l’ammissione alla liberazione condizionale (Corte. cost. sent. n. 274/1983), ai permessi premio o alla semilibertà.
Come si chiede la liberazione anticipata?
L’interessato può formulare istanza di liberazione anticipata sottoscrivendola personalmente o per tramite del proprio difensore, indicando nella domanda il periodo cui si fa riferimento per il calcolo. La domanda dovrà essere indirizzata al Magistrato di Sorveglianza che ha giurisdizione sull’Istituto Penitenziario in cui il condannato è detenuto al momento della richiesta, ovvero al Magistrato di Sorveglianza del luogo del domicilio presso il quale l’interessato si trova in detenzione domiciliare o in affidamento.
E’ opportuno che l’interessato condannato a scontare pene relative a sentenze diverse attenda l’emissione del provvedimento di cumulo per presentare la predetta istanza.
La liberazione anticipata può essere revocata?
Il beneficio concesso verrà revocato quando l’interessato commetta un delitto non colposo nel corso dell’esecuzione della pena e se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita, appare incompatibile con il mantenimento del beneficio (Corte. cost. sent. n. 186/1995)