Forme di Violenza e come riconoscerla

Forme di Violenza e come riconoscerla

1. VIOLENZA DOMESTICA
2. STALKING
3. REVENGE PORN
4. ACIDO
5. VIOLENZA SESSUALE 

Le forme della violenza di genere sono moltissime e hanno gravità graduata. 

Alla base della piramide troviamo delle forme sottili di violenza, spesso radicate nell’immaginario comune attraverso stereotipi, linguaggio sessista, un diffuso senso di inferiorità di donne, transessuali, omosessuali, lesbiche. 

La violenza, dacché è invisibile, diventa visibile quando la colpevolizzazione e lo svilimento diventano minacce, insulti, aggressioni… sino ai crimini più seri: violenza carnale e omicidio. 

Quante facce ha la violenza?

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 La violenza contro le donne assume diverse forme: violenza sessuale, psicologica ed economica. Avviene in diversi contesti:  

  1. Violenza domestica: quasi mai episodica ma si sviluppa ciclicamente con progressione di episodi sempre più gravi e con combinazione di forme di violenza diverse; 
  2. Violenza legata a pratiche tradizionali, quali matrimoni forzati; 
  3. Molestie e violenza nei posti di lavoro; 
  4. Violenza nelle istituzioni; 
  5. Violenza tra Paesi: tratta, riduzione in schiavitù.  

Le conseguenze possono essere molteplici. Nei casi più gravi sono mortali (omicidi e suicidi). Vi sono però altre conseguenze non meno rilevanti:  

  • Fisiche: malattie sessualmente trasmissibili, gravidanze indesiderate e aborti, bambini nati sottopeso, lesioni, percosse con paura per la propria vita; 
  • Psicologiche e comportamentali: perdita di fiducia, attacchi d’ansia, fobia, panico, disperazione e sensazione di impotenza, disturbi del sonno e dell’alimentazione, depressione, abuso di alcool, autolesionismo e idee di suicidio; 
  • Precarietà sociale ed economica; 
  • Conseguenze sui figli: c.d. trasmissione intergenerazionale della violenza à i figli che assistono alla violenza nei confronti della madre hanno una probabilità maggiore di diventare violenti da adulti rispetto agli altri.

 

1. VIOLENZA DOMESTICA (maltrattamenti in famiglia e violenza assistita

Si dice chele donne siano più a rischio da parte di estranei
In realtà: la maggior parte delle violenze avvengono in ambito domestico da parte di persone conosciute

Cosa si intende per violenza familiare?   

La violenza domestica si configura qualora all’interno di un rapporto familiare a carattere coniugale o affine vi siano soggetti che usano o minacciano di usare violenza.   

Caratteristiche essenziali sono quindi: 

1) Esistenza di un legame affettivo stabile;
2) Coabitazione con la vittima;
3) Esercizio di violenza. 

 Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 10% e il 69% delle donne (a seconda della Nazione) sono soggette a violenza da parte del partner nel corso della vita. Non è, tuttavia, possibile sapere il numero esatto delle donne maltrattate, perché tali dati si riferiscono solamente alle donne che hanno denunciato le violenze alle autorità. Si stima, infatti, che oltre il 90% delle vittime non sporga denuncia.  

 La violenza si distingue in diretta e indiretta/assistita. La violenza diretta è quella subita dalla vittima attraverso atti lesivi direttamente sulla propria persona o sulla propria psiche (es. percosse, lesioni, insulti e offese). Colui che rimane spettatore inerme delle varie forme di violenza è vittima di violenza assistita. 

 

La Violenza Assistita

Per violenza assistita s’intende l’esperienza del bambino, qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative.  

Il bambino può fare esperienza di tali atti direttamente (quando avvengono nel suo campo percettivo) oppure indirettamente, quando ne è comunque a conoscenza o ne percepisce gli effetti. 

È maltrattamento anche la violenza assistita: se tuo figlio vede che il papà ti picchia, è vittima lui stesso. 

I bambini sono silenziosi testimoni della violenza fisica, psicologica, sessuale da un genitore su un altro genitore. 

La violenza assistita è quindi una forma di maltrattamento a cui il minore è costantemente sottoposto. È una violenza particolarmente dannosa non solo perché rende la vita di chi la subisce particolarmente dolorosa e penosa ma anche perché rappresenta per il minore la quotidianità e la normalità dei rapporti familiari.   

Il maltrattamento perpetrato nei confronti dell’altro genitore si traduce, in relazione ai figli, in una omissione connotata da deliberata e consapevole indifferenza e trascuratezza verso gli elementari bisogni effettivi ed esistenziali della prole.  

Alcuni segnali a breve termine da esposizione a violenza assistita: tristezza, paura, rabbia, ansia, delusione, impotenza, senso di colpa, fobia scolare, disturbi del sonno. 

Alcuni segnali a lungo termine: depressione, disturbo post traumatico cronico, somatizzazioni, disordini alimentari, dipendenze, condotte antisociali, trasmissione intergenerazionale della violenza. 

 

Quali sono le forme della violenza domestica? 

La violenza contro le donne assume diverse forme: violenze fisiche, sessuali, psicologiche ed economiche. 

  • Violenza fisica: si esplica nell’esercizio della forza fisica nei confronti della vittima e spesso realizza reati quali percosse, lesioni, omicidio.  
  • Violenza psicologica: si concretizza nell’esercizio della pressione mentale e si può esternare in ingiurie, minacce, atti di disprezzo. È la forma di violenza più difficile da individuare e da provare nelle aule giudiziarie. Una forma di violenza psicologica è la violenza economica. Essa si realizza ad esempio quando il partner controlla gli scontrini della spesa e gli orari dello scontrino per verificare che nel percorso di rientro a casa la donna non avesse fatto tappe intermedie; quando il compagno ha l’abitudine di dare il denaro per il mese gettandolo per terra…  
  • Violenza sessuale: coercizione della libertà personale e della volontà del soggetto che subisce un rapporto sessuale. 

Quali sono le fasi della violenza

La violenza si sviluppa in modo graduale, ma crescente. Gli episodi violenti sono ciclici e dopo lo scoppio di violenza spesso il maltrattante si calma e vuole farsi perdonare, inducendo la vittima a sperare che la situazione possa cambiare.

>>> scarica lo schema: Le fasi delle violenza

Cicli della violenza 

  1. Accrescimento della tensione: l’agente è di cattivo umore, è scontroso, rivolge minacce, urla, tenta di isolare la vittima. 
  2. Fase della violenza: la vittima viene insultata, picchiata, umiliata e ferita. In questa fase avvengono i primi contatti con i centri antiviolenza e con le forze dell’ordine 
  3. Riappacificazione: in questa fase la vittima tenderà a minimizzare ciò che le sta capitando, di fatto rendendo complicata la ricostruzione giuridica degli avvenimenti. 
  4. Fase della luna di miele: caratterizzata da suppliche, scuse, promesse che non accadrà più. L’agente giura amore eterno, piange e cerca di convincere la vittima a ritirare la querela.

 Quali sono le figure di reato che la violenza domestica può integrare?  

Minaccia, violenza privata, lesioni, percosse, abuso dei mezzi di correzione, maltrattamenti contro familiari… 

 

2. STALKING: Atti Persecutori

Guardami. Ti odio. Ti scrivo. Ti seguo. Ti bramo. Ti chiamo. Ti amo. No, non ti lascio.  

Con il termine stalking si indicano gli atteggiamenti ossessivi ed assillati di un individuo che molesta e perseguita un’altra persona. Questo fenomeno è caratterizzato da tre aspetti fondamentali, ossia la presenza di un molestatore una vittima e una relazione tra i due, caratterizzata dall’esercizio del controllo da parte dello stalker, che determina uno stato emotivo di intensa ansia e paura nella vittima. 

Comportamenti messi in atto dallo stalker:

  • Comunicazioni continue ed assillati mediante telefono, messaggi, social, lettere, mail a qualsiasi orario;
    messaggi o lettere sui social, sull’automobile, alla porta di casa. 
  • Pedinamenti, 
  • diffamazioni, ingiurie, minacce alla vittima o a persone ad essa vicine. 
  • Danneggiamenti. 
  • Aggressioni fisiche. 

Tutti questi comportamenti sono persecutori ed insistenti e generano un grave stato di ansia e di paura nella vittima, che non riesce più a compiere nemmeno le ordinarie attività di vita quotidiana. 

L’autore del reato, generalmente manifesta dal lato psicopatologico delle problematiche nell’area affettivo-emotiva, relazionale e comunicativa, ma non sempre si ha una patologia clinica individuata. A lungo studiate in letteratura, le caratteristiche di attaccamento degli stalker verso la vittime, sono state identificate in due principali: 

– Attaccamento affettivo-amoroso 

– Attaccamento persecutorio-irato 

Con l’identificazione di quattro tipologie di molestatore, che si contraddistinguono per il variare dei propri bisogni verso la vittima 

  1. Il risentito, rappresenta solitamente un ex partner che vuole vendicarsi per la fine della relazione sentimentale e vuole vendicarsi. Solitamente danneggia proprietà, l’immagine e la persona della vittima. Per esempio vandalizzando l’auto o il giardino dell’ex partner, pubblicandone sul web foto private e inseguendo la vittima. 
  2. Il bisognoso d’affetto è spinto dal bisogno di creare una relazione affettiva con la vittima. Ogni segnale di vicinanza o di confidenzialità espressa dalla vittima viene riletta come chiara espressione del desiderio di contatto e vicinanza emotiva, che giustifica quindi i comportamenti di avvicinamento. 
  3. Il “corteggiatore impacciato”, invece, risulta imbranato in termini relazionali e per questo inadeguato all’entrare in relazione con la vittima, che si sente oppressa, “invasa” e aggredita. 
  4. Il “predatore” è quello che solitamente è mosso dal desiderio di avere un contatto di tipo sessuale con la vittima, direttamente proporzionale alle reazioni di paura di quest’ultima. 

Solo analizzando la tipologia di molestatore (ovverosia, i suoi bisogni), la natura del rapporto preesistente con la vittima, ed eventualmente il gruppo psicotico (disturbi deliranti, psicosi, schizofrenia) ovvero i disturbi, sebbene non psicotici, è possibile tentare di prevedere il concreto rischio di minacce e violenze, la risposta e la strategia di gestione. Ecco perché è sempre bene affidarsi ad un professionista, o alle istituzioni, che possano guidare la vittima nella corretta risposta verso lo stalker. 

La vittima, infatti, manifesta emozioni intense quali stress psicologico, preoccupazione, paura, rabbia, vergogna. Lo stalker viola la dimensione privata e personale della vittima, che è portata ad isolarsi riducendo le richieste di aiuto. 

Lo stalking lascia segni indelebili, anche dopo la denuncia, anche quando si direbbe finita, sul corpo certo, ma nelle azioni, nella psiche nei comportamenti di chi ha subito.  

“Stalkers and their Victims

Nel proprio studio “Stalkers and their Victims Paul E. MullenMichele PatheRosemary Purcell giunsero alla conclusione che tutte le vittime di stalking osservate avevano riportato gravi ripercussioni a livello psicologico, lavorativo o relazionale. 

  • Il 94% aveva modificato il proprio stile di vita e le attività quotidiane; 
  • Il 70% aveva diminuito sensibilmente le proprie attività sociali; 
  • Il 50% aveva ridotto il numero di ore sul posto di lavoro (se non, smesso di lavorare del tutto); 
  • Il 34% aveva cambiato lavoro; 
  • Il 40% aveva cambiato residenza;
  • Nell’80% dei casi si era verificato un aumento del livello di ansia; 
  • Il 75% aveva riportato disturbi cronici del sonno; 
  • Il 55% aveva pensieri ricorrenti riguardanti l’evento traumatico; 
  • Il 50% aveva riportato sintomi di stanchezza, debolezza, cefalee e disturbi alimentari; 
  • Il 38% aveva rivelato problemi di depersonalizzazione;  
  • Il 25% aveva incrementato il proprio uso di alcool e nicotina; 
  • Il 25% ha pensieri concernenti il suicidio.

 

3. REVENGE PORN 612TER

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Il revenge porn è un fenomeno in crescita costante, che si concretizza nella pubblicazione sui social network di immagini che ritraggono la vittima in momenti intimi o di natura sessuale. La locuzione di origine anglosassone “revenge porn“, o anche “revenge pornography“, associa la parola “vendetta” (revenge) a quella di pornografia. Come suggerisce il termine, il revenge porn è un mezzo attraverso cui spesso l’ex partner si vendica della rottura di una relazione e umilia la vittima diffondendo immagini o video privati, a sfondo sessuale, senza il consenso della persona ritratta. 

Il revenge porn si configura non solo quando vi sia una effettiva pubblicazione del materiale, ma anche quando vi sia una semplice minaccia di pubblicazione. Il materiale tipicamente diffuso sono selfie scattati dalla vittima e invitati all’ex partner, video o fotografie raccolti in intimità o ancora di scatti e riprese avvenuti di nascosto, senza che una delle parti ne fosse consapevole.  

La condivisione di tali immagini, che può avvenire in rete, ma anche attraverso e-mail e cellulari, conduce a un risultato aberrante per le vittime: umiliazione, lesione della propria immagine e della propria dignità, condizionamenti nei rapporti sociali. 

Molte vittime di revenge porn hanno riferito agli psicologi che l’impatto della diffusione su larga scala di immagini scattate privatamente può essere paragonato a quello di una vera e propria violenza sessuale. 

 

4. 583QUINQUIES DEFORMAZIONI DELL’ASPETTO MEDIANTE LESIONI PERMANENTI 

Il Codice Rosso  (Legge 19 luglio 2019, n. 69) ha introdotto una nuova figura di reato, si tratta della deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti, ora introdotto all’art. 583 quinquies c.p. 

Si tratta di un retaggio di quello che nel 2017 fu proposto come “omicidio di identità”, ovverosia lesioni al volto inflitte con la finalità di distruggere l’immagine sociale, fisica e psicologica della vittima.  

Le condotte tipiche sono: 

Questi eventi spesso costituiscono l’apice di un susseguirsi di precedenti molestie, persecuzioni, o maltrattamenti. 

La violenza attuata attraverso la deformazione e lo sfregio con l’acido: i numeri. 

Negli ultimi 4 anni, in Europa , si è assistito ad un aumento del 120% degli attacchi con l’acido 

In Italia, dove la maggior parte degli episodi ha matrice passionale, si è passati dagli 8 casi registrati nel 2013 ai 27 del 2018. 

Le vittime sono donne nel 60% dei casi, e nel 95% sono ex fidanzate o persone con le quali l’aggressore ha intrattenuto una relazione. 

A primo impatto l’acido somiglia ad acqua, ma in pochi secondi genera una sensazione di bruciore che diventa velocemente intollerabile. L’acido corrode e fa sciogliere pelle, le terminazioni nervose e anche le ossa. Se la parte colpita smette di fare male è perché i nervi, anche loro, sono morti. 

Cosa significa l’aggressione con l’acido? Significa cancellare i tratti di una persona, renderla deforme, inabile, cambiarne per sempre la vita. L’acido è un modo per eliminare tutto quello che distingue quella persona, che dopo l’aggressione… non sarà più di nessun altro. Non esisterà più. 

Ma il fenomeno non riguarda solo l’Italia, è diffuso in tutto il mondo e non esclusivamente nell’ambito dei reati di genere. 

Clicca per la gallery del fotogiornalista Erberto Zaniche attraverso ritratti di uomini, donne e bambini vittime dell’acido incontrati in Bangladesh, India e Uganda, ha raccontato la storia dei “Survivors”.

 

5. VIOLENZA SESSUALE

La violenza sessuale consiste nella costrizione o induzione a compiere/subire atti sessuali, attraverso l’uso di violenza, minaccia o abuso di autorità.  

La violenza sessuale è un atto di potere e non sempre vengono utilizzate la forza fisica o le minacce contro la vittima, perché la violenza può essere molto sottile (come nel caso in cui l’autore dell’atto utilizzi la propria età, fisicità o status sociale per spaventare o manipolare la vittima). 

Per questo motivo è opportuno definire l’abuso sessuale come ogni tipo di contatto sessuale non consensuale. La violenza può anche essere perpetrata dal partner, a cui si aggiungono talvolta parole dispregiative, il rifiuto di usare metodi contraccettivi, il causare deliberatamente dolore fisico al partner durante i rapporti sessuali oppure utilizzare oggetti o giochi che possono causare dolore o provocare umiliazione, senza il consenso del partner. 

Ne consegue che la relazione affettiva che lega o ha legato la vittima e il violentatore non rende certo liberamente voluto un atto sessuale laddove perpetrato sfruttando stati psichici ingenerati dall’abusante quali la paura, la vergogna o l’assoggettamento.  

Nella violenza perpetrata dal partner, infatti, può accadere che la donna non si opponga esplicitamente ai rapporti sessuali ma li subisca passivamente. Il non opporsi però non equivale al “consenso”, anzi!! La donna che subisce l’atto sessuale vi è spesso costretta per paura, pertanto non si oppone al rapporto. 

Nemmeno l’avere comportamenti confidenziali o sessualmente disinvolti rende meno grave un atto sessuale subito senza consenso: non esiste in tribunale il “se l’è cercata”.  

 

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