Appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta: sussiste concorso formale?

Appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta: sussiste concorso formale?

19 Gen 2014

Rapporti fra i reati ex artt. 646 c.p. e 216 l. fall.

Non può sussistere concorso formale fra i reati di bancarotta fraudolenta ed appropriazione indebita quando vi sia:

1)    identità della cosa su cui si sono concentrate le attività criminose e simultaneità delle stesse;

2)    destinazione unica dei beni appresi indebitamente dal reo;

Ex art. 84 c.p., infatti, il reato meno grave di appropriazione indebita viene assorbito in quello di bancarotta fraudolenta.

Tuttavia, la giurisprudenza prevalente ritiene che anche nel caso di perfetta identità materiale rispetto alla distrazione di due reati rimangono ontologicamente diversi, perché alla bancarotta è sempre richiesto un quid pluris (dichiarazione di fallimento, in quanto la bancarotta parte dei Reati del Fallito) che integra elemento costitutivo del 216 l. fall, con ciò non potendo operare il divieto di ne bis in idem.

La ratio di tale principio è che adottando una soluzione contraria resterebbe impunita l’area di illiceità o antigiuridicità non coperta dalla fattispecie minore (ex plurimis, Cass. Penale 4404/08).

Pertanto, intervenuta una condanna per 646 c.p. divenuta irrevocabile, non è precluso l’esercizio dell’azione penale (dopo la sentenza di fallimento) per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione per i medesimi beni.

Pertanto, qualora il reato di cui all’art. 646 c.p. sia stato contestato e sia stato giudicato prima della dichiarazione di fallimento, la successiva imputazione ai sensi dell’art. 216 l. fall. non è inibita, atteso che la questione di compatibilità tra le due fattispecie, pur non trovando specifica soluzione nell’art. 649 c.p.p., va risolta nel senso dell’assorbimento del reato meno grave in quello complesso, sulla base dei medesimi principi di sostanziale equità che consentono di superare il giudicato nel caso si debba recuperare “ex post” l’identità di disegno criminoso per l’applicazione dell’istituto della continuazione.

Secondo Cassazione Penale n. 37567/03: in tal caso il giudice deve, in sede di eventuale condanna per tale ultimo reato, considerare assorbito quello sanzionato ai sensi dell’art. 646 c.p., secondo un principio di equità che trova espressione anche nello scioglimento del giudicato sulle pene in caso di riconoscimento della continuazione in fase esecutiva. (In applicazione di tale principio la Corte, preso atto che il giudice di merito aveva posto in continuazione il reato fallimentare perseguito con quello di appropriazione indebita già giudicato in altra sede, ha direttamente eliminato la quota di pena pertinente al reato meno grave).

 

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