Diritto all’oblio

Diritto all’oblio

15 Nov 2021
Sara Cimadoro

Nell’epoca in cui viviamo completamente proiettata al digitale, ciascun utente della rete può facilmente pubblicare notizie, foto, video, audio e, in generale, contenuti digitali che si riferiscono alla propria persona o vita o ad altri.

Questi ultimi contenuti possono essere, oltre che lesivi della privacy, diffamatori per la reputazione di colui che è stato coinvolto.

Si pensi alla pubblicazione di un articolo che tratti della condanna penale comminata ad una persona, ovvero di una condanna civile di risarcimento danni a seguito di una grave condotta.

Ma non solo.

Può anche semplicemente accadere che quella notizia, pubblicata diverso tempo prima non sia più attuale (perché il soggetto in appello, ad esempio, è stato assolto, il soggetto, che è stato ritratto in una foto con una persona “poco raccomandabile” non frequenta più la stessa e cosi via).

Qual è il problema che si pone in questi casi?

Tali dati e notizie, una volta pubblicati online, possono diventare facilmente reperibili.

Come risolvere? Invocando il cd. “diritto all’oblio”!

 

Il diritto all’oblio

Il diritto all’oblio è il diritto di ciascun soggetto ad essere “dimenticato”.

Esso si attua, in concreto, mediante la rimozione di tutti quei link e riferimenti che rimandano ad un contenuto online ritenuto lesivo.

Una notizia, una foto, un articolo presenti sul web sono facilmente raggiungibili da chiunque acceda ad internet, gli stessi sono visibili mediante i link che compaiono a seguito della ricerca effettuata attraverso il motore di ricerca.

Questo meccanismo tecnicamente viene definito come “indicizzazione”; esso consente il rapido  reperimento e raggiungimento di pagine o siti internet presenti nelle banche dati dei motori di ricerca online attraverso l’inserimento della parola chiave nel motore di ricerca. Il motore di ricerca, una volta avviato, dà come risultati una serie di “link” a siti internet e, di conseguenza, ad articoli o contenuti multimediali in essi contenuti.

Il meccanismo che, invece, permette la rimozione di tali link dai motori di ricerca e, di conseguenza, l’impossibilità di trovare agevolmente certi contenuti presenti in rete, è definito “deindicizzazione”. Questa non elimina, però, la notizia, permette solo di eliminare quei collegamenti che permettono in pochi secondi in qualunque momento, anche a distanza di tempo, di rivedere quel contenuto.

L’art. 17 del GDPR

Il diritto all’oblio è oggi disciplinato dall’art. 17 del GDPR (Regolamento Generale sulla protezione dei dati personali), che introduce espressamente il “diritto alla cancellazione”, ma è un diritto di creazione prettamente giurisprudenziale.

È stato elaborato nell’ambito di rilevanti processi dinanzi alla Corte Giustizia Europea: emblematica è la sentenza C-131/12 del 13 maggio 2014, con la quale la Corte ha condannato Google alla deindicizzazione di alcuni siti internet che riportavano notizie lesive della sfera privata e della dignità di un cittadino europeo di origine spagnola.

Anche in Italia vi sono state negli ultimi anni diverse sentenze (ex multis tutte Cass. Civ., n. 13161/16), che hanno espressamente riconosciuto tale diritto, nonché diverse pronunce favorevoli dello stesso Garante della Privacy italiano.

Di particolare interesse una delle ultime pronunce dell’Autorità (v. Provvedimento del 21 dicembre 2017 n. 557 del Garante Privacy), con la quale è stato condannato Google a deindicizzare link non soltanto europei ma anche extra UE, riconoscendo così all’interessato tutela effettiva anche al di fuori dei confini UE.

I passi per essere “cancellati”

1. Richiesta di rimozione dei contenuti

La richiesta di deindicizzazione va rivolta direttamente a Google o ad altro titolare del motore di ricerca da cui si vogliono eliminare i link in questione.

Google ha messo a disposizione un modulo online ad hoc, ove deve essere indicato il link che si chiede di eliminare e la motivazione.

L’istanza dovrà essere indirizzata sia al titolare o al responsabile del trattamento dati del gestore della pagina web, che al titolare o al responsabile del trattamento dati del gestore del motore di ricerca.

Infatti, il primo, occupandosi della gestione del sito su cui è pubblicata la notizia, potrà rimuovere completamente da internet il contenuto; il secondo, invece, potrà intervenire soltanto rimuovendo i link di collegamento alla pagina ove quel contenuto è stato caricato

2. Richiesta al Garante o autorità Giudiziaria

Nel caso in cui il destinatario della richiesta di cancellazione rimanga inadempiente, l’interessato può rivolgersi direttamente al Garante della Privacy o all’Autorità Giudiziaria.

Il reclamo al Garante

Se l’istante non ha ricevuto alcun riscontro dal titolare o dal responsabile del trattamento dei dati nei termini stabiliti dall’art. 12, par. 3, del Regolamento 2016/679/UE, ovvero, ritenga non soddisfacente la risposta ricevuta, potrà presentare un reclamo all’autorità Garante per la Privacy ai sensi dell’art. 77 del Regolamento 2016/679/UE e degli artt. da 140 bis a 143 del D.lgs. 196/2003, cosiddetto Codice della Privacy.

Modalità di presentazione

Il reclamo può essere presentato direttamente dall’interessato ovvero, per suo conto, da un avvocato, un procuratore, un organismo, un’organizzazione o un’associazione senza scopo di lucro, a cui abbia conferito apposita procura secondo le disposizioni previste dal codice di procedura civile. Non ha costi.

Il ricorso all’autorità giudiziaria

Se, invece, l’interessato intende azionare i propri diritti in sede giudiziaria, dovrà presentare un ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria ( ex art. 79 del GDPR e dall’art. 152 del Codice della Privacy)

La competenza spetta, in via alternativa, al tribunale del luogo in cui il titolare del trattamento risiede o ha sede, ovvero, il tribunale del luogo di residenza dell’interessato.

Il ricorso ed il reclamo sono mezzi di tutela alternativi: il reclamo al Garante non può essere proposto se, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, è stata già adita l’autorità giudiziaria e, viceversa, la presentazione del reclamo al Garante rende improponibile un’analoga azione dinanzi all’autorità giudiziaria, salvo che abbia conferito mandato di agire per suo conto ad una associazione senza scopo di lucro attiva nel settore della tutela dei diritti e delle libertà degli interessati con riguardo alla protezione dei dati personali.

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