Diritto civile e penale a confronto nei reati contro il patrimonio
03 Apr 2014
Il patrimonio e la proprietà privata come beni giuridici protetti dal diritto penale hanno un rango ridotto a livello costituzionale, perché non sono ritenuti diritti fondamentali (come invece, per esempio, il diritto alla vita, alla salute, alla libertà di pensiero, ecc).
Patrimonio e proprietà privata invece sono garantiti nella loro forma “sociale” e subordinati comunque all’interesse collettivo.
In particolare, il patrimonio come bene giuridico è protetto dal legislatore solo con riferimento a particolari e tipizzate forme di aggressione.
Aggressione:
1) mediante violenza
2) mediante frode
senza che sia, spesso, necessaria l’effettiva lesione patrimoniale (solo in poche figure giuridiche è previsto il danno patrimoniale quale elemento oggettivo del reato; del pari la previsione di un dolo di profitto non è strettamente collegato alla lesione patrimoniale).
Uno dei principali problemi affrontati in dottrina in questo ambito è stato quello di discernere il rapporto fra il diritto penale e quello civile: quando il codice penale, nella formulazione delle norme de quo, richiama concetti civilistici (id est, possesso, proprietà, detenzione) fa un richiamo recettizio al diritto civile oppure questi istituti hanno rilevanza autonoma nel diritto penale? La giurisprudenza prevalente li ritiene concetti autonomi da adattare alle situazioni presenti nella norma penale.
Vediamo un esempio
Possesso: nell’ambito civilistico questo concetto richiama un rapporto di fatto fra il “possessore” e la cosa posseduta. Oltre all’elemento materiale viene però in rilievo anche un elemento soggettivo ossia l’animus possidendi, che rivela la volontà del possessore di comportarsi con la cosa come esercitando il potere del proprietario.
Il concetto di possesso rileva per esempio nel furto e nell’appropriazione indebita.
Furto, art. 624 c.p.: “Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516.”
Appropriazione indebita, art. 646 c.p.: “Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032.”
In diritto penale pare dunque l’analisi della norma risulta svincolata dal concetto penale. Il possesso consisterà quindi nella relazione di fatto con la cosa, che si esercita al di fuori della sfera giuridica di sorveglianza di chi con la cosa ha un potere maggiore.