Filomena Lamberti, la deformazione permanente del viso

Filomena Lamberti, la deformazione permanente del viso

20 Apr 2020

di Alice Saporiti

La deformazione permanente del viso in Italia: prima dell’art. 583 quinquies c.p. 

>> leggi la pagina dedicata alla deformazione del viso

Era il 28 maggio 2012. Una mattina qualunque. Ma non per Filomena Lamberti.  

“Il giorno che ho detto basta a 30 anni di violenza mi è costato caro.”

Era ancora a letto quando al culmine dell’ennesima discussione, il marito Vittorio le versava addosso dell’acido muriatico, prendendola in pieno al volto e in varie parti del corpo. Filomena Lamberti aveva finalmente deciso di lasciare quell’uomo violento con cui era sposata da 30 anni.  

Dopo una corsa in ospedale in condizioni gravissime e dolori atroci, i medici riescono a salvarle la vita.  

Filomena Lamberti però, oggi, continua a definire la sua storia come un “omicidio di identità”. Si, perché ha dovuto subire ben 30 interventi chirurgici per vedersi ricostruire un volto e restituita una identità.   

Filomena conosceva il suo futuro marito Vittorio all’età di 16 anni. Era giovane ed innamorata di quello che credeva essere il suo principe azzurro. Col passare del tempo però, iniziava ad accorgersi di comportamenti possessivi. Lei acconsentiva a tutto ciò che lui le vietava di fare, perché confondeva il possesso con l’amore. L’ossessione diventava presto violenza. Veniva picchiata per futili motivi, costretta a vestirsi in modo non appariscente, a non truccarsi e a soffocare la sua femminilità. Le era proibito usare il computer ed utilizzare social. A questa violenza però, assistevano anche i 3 piccoli figli.  

Veniva isolata da tutto e da tutti attraverso la rescissione di legami con parenti e amici. Filomena veniva costretta a lavorare col marito per essere tenuta sotto controllo.  

Come mai allora, nel corso di questi 30 anni di pesanti abusi ed isolamento, non è mai riuscita a scappare e a lasciare quell’uomo?  

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È necessario contestualizzare nel tempo la storia di Filomena Lamberti.

Siamo nel sud-Italia, negli anni ‘70-’80. Era impensabile che una donna potesse abbandonare il tetto coniugale e separarsi dal marito. Il fenomeno della violenza rimaneva chiuso tra le mura domestiche e non esisteva ancora una rete di tutela per le vittime. 

Filomena si sentiva sola, non poteva rivolgersi alle amiche con cui ormai non aveva più alcun rapporto e, soprattutto, non era economicamente indipendente. Non solo, la paura di perdere i figli era più forte delle botte. Sperava poi in cuor suo, che prima o poi suo marito sarebbe cambiato. Finisce per annientare sé stessa, ed è così che, quasi senza accorgersene, passano 30 anni.  

Nel 2012 finalmente decideva di separarsi, ma ormai era troppo tardi per fermare il folle piano che quell’uomo stava maturando da tempo e che portava in atto la mattina del 28 maggio 2012.  

Il reato di lesioni personali

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Vittorio è stato giudicato con rito direttissimo per il reato di lesioni personali, patteggiando una pena di 18 mesi di reclusione per poi scontarne solo 16.  

Il reato di lesioni non costituisce infatti un reato ostativo per l’accesso al rito; pertanto, la pena prevista – già di per sé irrisoria – veniva ulteriormente diminuita per effetto del patteggiamento. Oltre alla riduzione della pena, il patteggiamento ha permesso di escludere il risarcimento del danno. L’azione civile, infatti, non poteva essere esaminata nel processo penale. Filomena Lamberti quindi non ha mai ottenuto un risarcimento del danno derivante dal reato. 

Ciò non toglie che lei potesse procedere in sede civile, ove però la sentenza penale non sarebbe vincolante per il giudice civile. La lunghezza e i costi del processo civile, inoltre, spesso scoraggiano le vittime a perseguire questa strada.  

L’ex marito non versa nemmeno l’assegno di mantenimento riconosciuto a Filomena con la separazione, in quanto risulta di fatto nullatenente.  

Oggi Vittorio, per nulla pentito, dice: “ho dovuto farlo, per la mia dignità”. La pena inflittagli, così irrisoria, non solo non ha dato giustizia alla vittima, ma non ha nemmeno assolto nei confronti del reo una funzione rieducativa. 

L’art. 583-quinquies c.p. e Filomena Lamberti

La storia di Filomena e di quella di tante altre donne non hanno, però, lasciato indifferente il legislatore che con la Legge n. 69/2019, ha finalmente introdotto una nuova figura di reato: l’art. 583-quinquies c.p. punisce, infatti, con la reclusione da 8 a 14 anni chi cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso.  

Una pena significativa e di certo molto più elevata rispetto a quella oggi prevista per il reato di lesioni personali di cui all’art. 582 c.p. (da sei mesi a tre anni).  

Filomena è stata protagonista di un’atroce vicenda di violenza, ma anche di eroico riscatto e speranza. Non si è, infatti, lasciata annientare ed è riuscita ad iniziare una nuova vita, dedicata ad affermare la sua libertà ritrovata e a diffondere, soprattutto tra i giovani, messaggi sulla dignità e il rispetto. 

Alle giovani donne vittime di maltrattamenti e violenze, dice di scappare subito, al primo segnale di violenza, di rivolgersi ai Centri Antiviolenza e di denunciare, rivolgendosi ai tanti avvocati che oggi si dedicano con passione alla tutela delle vittime di violenza di genere. 

Oggi Filomena è una donna libera.  

“Mi sono sempre ritenuta una donna più forte dell’acido.” 

“Io sono rinata, più forte di prima e mi godo la mia libertà”. 

 

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