Furto di identità e profili falsi su internet
14 Ott 2020
Il reato di sostituzione di persona
di Sara Cimadoro
All’utilizzo sempre più massivo dei social network corrisponde l’esigenza di veridicità delle informazioni digitali. Tutti, invero, abbiamo una identità digitale.
L’identità digitale è quell’insieme di dati e informazioni che permettono ad un soggetto “reale” di poter entrare nel mondo virtuale e così poter compiere operazioni o accedere a servizi pubblici o privati. La diffusione dell’uso dell’identità digitale ha reso sempre più attuale il conseguente effetto patologico: il cd. furto di identità digitale e quello connesso della creazione di falsi profili social, che in diritto si identificano spesso con la c.d. “sostituzione di persona”.
-
1. Cos’è l’identità digitale e quando si verifica il furto?
-
2. Il catfishing
-
3. Cos’è il ” Digital Kidnapping”
-
4. Il reato di sostituzione di persona nel diritto penale italiano
-
5. La creazione di un profilo social falso
-
6. Cosa fare se sono vittima di furto di identità?
La creazione di profili social falsi e il c.d. furto di identità digitale
Il furto dell’identità digitale è l’utilizzo, da parte di un soggetto estraneo, dell’identità altrui al fine di trarne un vantaggio finanziario o screditare l’altra persona, e si concretizza mediante l’utilizzo delle altrui informazioni, come nome e cognome, conto bancario, o numeri di carte di credito.
Una parte della dottrina statunitense ha elaborato una interessante categorizzazione delle tipologie di furti di identità digitale.
A. Il catfishing
La prima sarebbe inquadrabile sotto la definizione complessiva di “catfishing”, che ha dato luogo all’omonima trasmissione televisiva.
Si legge nell’Oxford Dictionary una definizione precisa del fenomeno, che si manifesta nella condotta di chi “attira qualcuno in una relazione creando un personaggio online immaginario”. Questo tipo di sostituzione di identità in genere si realizza dopo un po’ di tempo perché l’autore ha bisogno di instaurare un legame di fiducia con la vittima. L’autore, in estrema sintesi, mette in scena la falsificazione dell’identità digitale creando un c.d. “fake”.
B. Sostituzione di persona su larga scala
La seconda modalità attraverso la quale si configura la falsificazione dell’identità si ha quando qualcuno finge di essere un’altra persona non per ingannare una sola vittima, ma al fine di interagire con la pluralità indistinta degli utenti in generale. Le vittime in questo caso sono sia la generalità dei consociati sia la singola persona che viene in contatto con la falsa identità digitale.
La Corte Suprema dello Stato del Massachussetts si è occupata di un caso analogo: una coppia sposata, per vendicarsi dei propri vicini di casa con i quali era evidentemente in brutti rapporti, periodicamente creava falsi annunci di vendite di oggetti personali su un sito di aste online, inserendo anche il numero di cellulare degli ignari vicini. Di conseguenza le vittime venivano contattate continuamente da persone che chiedevano informazione sugli oggetti in vendita – che in realtà erano inesistenti. La Corte ha ritenuto di prevedere un risarcimento del danno a favore dei vicini.
C. Digital Kidnapping
La terza forma di falsificazione di identità digitale è ancora più singolare. In questo caso gli autori mantengono la propria identità, ma pretendono di controllare qualcun altro, inscenando a volte anche particolari giochi di ruolo virtuali. Un esempio? Il caso della giovane donna che finge di essere la madre del figlio di un’altra e di partecipare anche alle sue attività quotidiane. Questa forma di falsificazione viene chiamata “digital kidnapping”, ma negli Stati Uniti non integra alcun reato.
Il digital didnapping consiste, quindi, nel far propria l’identità di una persona per farne i più svariati usi. Da quello appena indicato di usarla in un gioco virtuale alla creazione di follower di un profilo fino al predisporre pacchetti che possono essere venduti a chi decide di usare un numero potenzialmente infinito di identità per incidere su sondaggi o preferenze che possono essere non solo quelli sul festival di Sanremo o il Grande Fratello, ma anche incidere sulle elezioni del prossimo presidente americano.
Nel nostro ordinamento, la predetta condotta è punita e viene fatta reintrare anche essa nel reato di “ sostituzione di persona”, nei termini che verranno precisati nel prossimo paragrafo. In tal senso si è espressa la Suprema Corte, la n. 33862/2018, riprendendo una sua precedente sentenza, la n. 25774/2014; ha affermato, in particolare, che la creazione e successiva fruibilità di un profilo social utilizzando l’immagine di un soggetto inconsapevole per un vantaggio personale, nella vicenda a danno dell’integrità psico-fisica delle vittime, integri il delitto di sostituzione di persona. Nel caso di specie ha riconosciuto l’imputato colpevole di aver creato un profilo Facebook, «apponendovi la fotografia di una persona minorenne identificata», al fine di convincere giovani ragazze a inviargli foto erotiche, minacciando che un possibile rifiuto, avrebbe causato la diffusione di loro immagini succinte, previamente ricevute.
Il furto di identità digitale nel diritto penale italiano
Ad oggi, non esiste nel codice penale italiano una norma ad hoc che preveda e sanzioni le condotte descritte, le stesse sono state ricondotte dalla giurisprudenza più recente al reato di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p.
La sostituzione di persona
L’art. 494 c.p. punisce chi, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici punito.
Il reato si integra quindi con due condotte diverse e alternative tra loro:
-
1. la sostituzione di una persona;
-
2. l’attribuzione di un nome o di uno stato falsi o di una qualità giuridicamente rilevante. La finalità alternativa di procurare un vantaggio a sé o ad altri o di recare danno è tipica dei reati a dolo specifico, cioè quelli in cui chi commette il reato si prefigge uno scopo determinato. L’induzione in errore, infine, è tipica dei reati c.d. a condotta vincolata, che richiedono una specifica modalità per essere integrati.
L’evoluzione delle tecnologie digitali ha portato a ritenere che il profilo digitale di una persona, su social network o in rete in generale, è uno strumento di esternazione e di rappresentazione dell’individuo stesso. In altre parole, è la proiezione digitale dell’individuo. Quindi l’uso di una identità digitale altrui può portare a confusioni, inganni, vere e proprie violazioni del diritto al nome fuori e dentro la community virtuale con rilevanza penale.
Vale a dire che qualora un soggetto virtualmente si finga per un’altra persona (quindi, per esempio, usi fotografie riconducibili ad altra ovvero si attribuisce un falso nome) verrà chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 494 c.p.. Anche se le condotte vengono poste in essere su internet e, quindi, sui social.
Esempi pratici
Esempi pratici dell’integrazione del sudetto reato nell’ambito virtuale sono: la creazione di un account di posta elettronica riferibile ad un’altra persona senza consenso di quest’ultima (si veda, sul punto, la sentenza Cass. pen., sez. III, 15 dicembre 2011, n. 12479).
Allo stesso modo è stato considerato penalmente rilevante l’utilizzo di un nickname riconducibile ad altro soggetto.
Considerato penalmente rilevante anche l’utilizzo di false qualifiche: un esempio può essere la falsa attribuzione di un titolo su Skype.
La creazione di un falso profilo social
Peculiare ipotesi è rappresentata dalla creazione di un profilo social falso.
In particolare, si tratta capire cosa accade nel caso in cui un soggetto si ponga sui social network con un profilo fake e se la falsità del profilo debba essere totale o anche solo parziale, per integrare il reato di cui all’art. 494 del Codice penale.
La casistica di un profilo “totalmente” falso può verificarsi in vari modi. Il profilo con credenziali vere, nome falso verosimile ma non legato a persone realmente esistenti crea alcuni interrogativi: dottrina e giurisprudenza maggioritarie ritengono che l’ipotesi possa integrare il reato di cui all’art. 494 Codice penale. L’induzione in errore risulta in re ipsa, le finalità andranno accertate caso per caso.
La Cassazione di recente ha sanzionato ex art. 494 del Codice penale la condotta di un maggiorenne che, con nome falso e foto falsa ritraente un ragazzino, aveva adescato sui social delle ragazzine, con fine di conoscerle e farsi inviare fotografie delle parti intime (così Cass., Sez. V, sent. 8 giugno 2018, n. 33862.
Orientamento di recente confermato anche da sentenza n. n. 22049/2020. In particolare, la Cassazione ha affermato che il delitto di cui all’art. 494 c.p. è integrato da colui che crea e utilizza un profilo su social network utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, trattandosi di condotta idonea alla rappresentazione di una identità digitale non corrispondente al soggetto che lo utilizza.. Più precisamente, ha ritenuto integrato il reato di sostituzione di persona nella creazione di un falso profilo Facebook e l’utilizzo dello stesso per la pubblicazione di post offensivi di terze persone, condotta quest’ultima integrante a sua volta la diffamazione aggravata dall’uso del social network.
Come posso tutelarmi in caso di furto di identità digitale?
Nell’ipotesi di furto di proprie immagini o di vera e propria duplicazione abusiva del proprio profilo social, accanto alla tutela penale e alla conseguente tutela risarcitoria civile, esiste la tutela – peraltro più immediata- dell’art. 7 del GDPR .
In particolare, la vittima del furto dei dati e immagini può chiedere al social network di riferimento la cancellazione dei dati sottratti ed utilizzati indebitamente ex art. 7 G.D.P.R.