Il DDL Zan spiegato in 10 punti

Il DDL Zan spiegato in 10 punti

18 Lug 2021

E’ noto che è all’esame del senato il DDL Zan, ossia il disegno di legge per l’istituzione di misure di prevenzione e contrasto alla violenza per motivi fondati sul sesso, sull’orientamento sessuale, sul genere, sull’identità di genere e sulla disabilità.

 

Il DDL Zan è proposto dalle cronache come manifesto della comunità LGBTQ+. In realtà il suo scopo ed il suo campo di applicazione sono molto più ampi.

 

1) La tutela dei disabili

Il d.d.l. Zan vuole intende tutelare non solo la comunità LGBTQ+ ma ha come scopo applicativo anche la discriminazione e la violenza nei confronti delle persone disabili.

 

2) I parametri di differenziazione psicosessuale

Il ddl zan introduce dei  c.d. “parametri di differenziazione psicosessuale”. Essi sono quattro:

1. Il sesso, ossia quello biologico o anagrafico

2. Il genere, ossia le manifestazioni esteriori di una persona che siano conformi o contrastanti con le aspettative sociali connesse al sesso

3. L’orientamento sessuale, ossia l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone dello stesso sesso o di sesso opposto, o di entrambi i sessi

4. L’identità di genere, ossia l’identificazione di sé con l’uno o l’altro genere (a prescindere dal sesso)

Sulla base di queste definizioni, l’art. 2 del disegno di legge introduce nuove fattispecie penalmente rilevanti.

 

3) Le modifiche alla legge penale

Art. 604-bis c.p.

L’art. 604-bis c.p., attualmente in vigore e recante la “propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” viene modificato dal DDL Zan introducendo come ulteriore fattispecie di reato anche l’istigazione o la discriminazione anche in ragione de: l’orientamento sessuale, l’identità di genere o la disabilità.

Altresì viene introdotta al medesimo art. 604-bis c.p. una fattispecie che punisce specificatamente la violenza o l’istigazione alla violenza o alla provocazione per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o la disabilità.

Infine, sono punite la creazione di organizzazioni, associazione, movimenti, gruppo che incitano alla discriminazione o alla violenza anche per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sulla disabilità.

Art. 604-ter c.p.

L’art. 604-ter c.p. attualmente prevede un’aggravante per i reati puniti con pena diversa dall’ergastolo che siano commessi con finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso.

Il DDL Zan prevede l’estensione, fra dette finalità, anche al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere, alla disabilità.

 

5) L’estensione di fattispecie già esistenti

Quindi, il DDl Zan non crea reati “ad hoc” per la repressione di crimini contro la comunità LGBTQ+, bensì permette l’estensione di fattispecie ed aggravanti già esistenti per la repressione di crimini commessi con finalità di discriminazione etnica, nazionale e razziale, anche in ragione del sesso, del genere, dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere.

 

6) Il dibattito politico

I problemi da affrontare rispetto all’approvazione del DDL ZAN si pongono, dal punto di vista politico, verso la scelta di estendere crimini già esistenti anche a fatti discriminatori e spregevoli nei confronti di omosessuali, lesbiche, transessuali, transgender e così via.

 

7) I reali problemi rispetto alla redazione del DDL Zan

La reale discussione, tuttavia, non dovrebbe essere quella basata sulla politica criminale – atteso che il DDL Zan si limiterebbe a recepire – a parere di chi scrive – i più basilari principi in tema di diritti fondamentali dell’uomo. Bensì su problemi di natura giuridica, che debbono trovare risposta certa prima che la legge diventi (se del caso) vigente.

 

8) La scelta dello strumento penale

Il d.d.l. Zan, infatti, sceglie di utilizzare lo strumento penale come strumento repressivo per gli odiosi atti di discriminazione e violenza sopra descritti. La legge penale, tuttavia, è lo strumento maggiormente “potente” che lo Stato di diritto ha, in quanto il più repressivo e l’unico che permette di adottare delle restrizioni della libertà personale (sconosciute invece alla legge civile ed amministrativa). Come tale deve rivestire i connotati di certezza, chiarezza e determinatezza, affinché sia possibile identificare a priori i fatti che – se commessi – possano essere qualificati come reati (ossia, sussunti nella fattispecie astratta di reato).

 

9) I principali problemi giuridici del DDL Zan

Molti critici identificano i principali problemi esegetici del DDL Zan nei seguenti punti

1) Quale è la differenza fra discriminazione e libertà di scelta?

Come riconoscere un atto di discriminazione rispetto ad un atto di libera scelta che si risolva, però, nella preferenza di un soggetto eterosessuale o normodotato, rispetto – per esempio – un omosessuale o un disabile?

2) L’Identità di genere

Problematico pare il collegamento del precetto penale al concetto di “identità di genere”, ovverosia un concetto che dipende, in larga parte, nella percezione che l’individuo ha di sé e che potrebbe anche essere mutevole, o comunque non definitivo nel tempo (pacifico è, infatti, che l’identità di genere si acquista, si sviluppa, ed eventualmente si modifica anche nel corso degli anni). Si tratta pertanto di una connotazione soggettiva ed intima, così rimettendo la qualificazione della condotta penalmente rilevante, ad una percezione soggettiva e così incerta a priori.

3) La clausola di salvezza

L’art. 4 del disegno di legge in esame prevede una clausola di salvezza, escludendo la rilevanza penale delle “libere espressioni dei convincimenti, delle opinioni, delle libere scelte, del pluralismo delle idee, purché non idonee a determinare atti discriminatori o atti violenti”. In altre parole, sarebbe possibile esprimere un’opinione discriminatoria, senza che ciò tuttavia si possa risolvere in una condotta?

 

10) In definitiva: il diritto vigente e il focus del dibattito politico

La tecnica legislativa utilizzata nel DDL Zan non è sicuramente la più pregevole, e lascia spazio ad una serie di difficoltà ermeneutiche che rischiano di portare, almeno nelle prime applicazioni, problemi interpretativi non indifferenti e finanche decisioni giudiziali difformi.

Va però evidenziato come negli anni siano entrate in vigore numerose leggi non certo di migliore redazione, che hanno comportato  sul piano applicativo crescenti problemi e la creazione di precedenti di merito difformi. Questo non ha comunque impedito l’applicazione, la persecuzione, ed anche l’esecuzione delle norme penali in parola (e certo meno clamore mediatico nella loro approvazione).

Col tempo, infatti, la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione ha permesso la formazione di una giurisprudenza univoca e costante, e così il superamento di dette problematiche applicative. E’ comunque significativo e sintomatico di una decadenza del dibattito politico, che il focus circa l’approvazione del DDL Zan non riguardi le – fondate – problematiche giuridiche qui illustrate, quanto pretestuose valutazioni sulla necessità o meno di tutelare in modo rafforzato la comunità LGBTQ+ e le persone disabili.