La consulta boccia la norma che prevede l’opposizione a decreto penale da parte del querelante
05 Mar 2015
Per espressa disposizione di legge il procedimento per decreto ex artt. 459 ss. c.p.p. era applicabile anche ai reati perseguibili a querela, purché questa fosse stata validamente presentata ed il querelante non avesse dichiarato di opporsi all’emissione del decret0.
Tuttavia, con una recente sentenza manipolativa, la n. 23 del 28 gennaio 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 459, comma 1, c.p.p., per violazione degli artt. 3 e 111 Cost., “nella parte in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi, in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con l’emissione di decreto penale di condanna”.
Accogliendo le doglianze del Giudice che ha rimesso la questione alla Corte, la Consulta ha ritenuto che “l’attribuzione di una mera facoltà al querelante, consistente nell’opposizione alla definizione del procedimento mediante il decreto penale di condanna, introduce un evidente elemento di irrazionalità. Ciò in quanto: a) distingue irragionevolmente la posizione del querelante rispetto a quella della persona offesa dal reato per i reati perseguibili d’ufficio; b) non corrisponde ad alcun interesse meritevole di tutela del querelante stesso; c) reca un significativo vulnus all’esigenza di rapida definizione del processo; d) si pone in contrasto sistematico con le esigenze di deflazione proprie dei riti alternativi premiali; e) è intrinsecamente contraddittoria rispetto alla mancata previsione di una analoga facoltà di opposizione alla definizione del processo mediante l’applicazione della pena su richiesta delle parti, in quanto tale rito speciale può essere una modalità di definizione del giudizio nonostante l’esercizio, da parte del querelante, del suo potere interdittivo”.
La Corte costituzionale ha pertanto dichiarato l’illegittimità parziale dell’art. 459, comma 1, c.p.p., nella parte in cui prevedeva che l’eventuale opposizione del querelante potesseimpedire la richiesta da parte del Pubblico Ministero, e la successiva emissione da parte del Giudice per le Indagini Preliminari, del decreto penale di condanna.