La contestazione di indebita detrazione di IVA a seguito dell’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti
17 Ago 2015
Accade sovente nelle verifiche della Guardia di Finanza, che gli accertatori elevino contestazioni alle imprese, sostenendo indebite detrazioni di IVA sul presupposto che le fatture utilizzate per portare l’imposta a detrazione fossero soggettivamente false; ossia che l’operazione di scambio di beni o servizi provenisse, in realtà, da un soggetto diverso da quello che ha emesso la fattura.
Il recupero dell’IVA portata a detrazione, però, non è l’unica conseguenza di una contestazione di questo tipo: si procederà infatti anche all’elevazione di una sanzione che sarà tanto più alta quanto più elevata sarà l’IVA detratta indebitamente.
Come comportarsi?
Occorre anzitutto capire la fase procedimentale in cui ci troviamo: si tratta di un PVC? Di un atto di accertamento? La procedura da seguire varierà a seconda del contesto in cui la contestazione sarà elevata.
Nell’ambito del diritto sostanziale, invece, si può affermare che in generale la detrazione IVA non può essere negata a causa di irregolarità commesse dall’emittente della fattura, salvo si provi che il soggetto passivo sapesse che l’operazione invocata per fondare il diritto a detrazione rientrava in un’evasione: in altre parole, il diritto dell’Erario alla riscossione del tributo non versato, ovvero alla ripresa a tassazione del tributo IVA detratto ma non detraibile non si estende fino al concetto di responsabilità oggettiva del contribuente, pesando sull’Amministrazione l’onere di dimostrare che il contribuente era a conoscenza della frode posta in essere da terzi.
Tale assunto proviene direttamente dalla Corte di Giustizia Europea (cfr. sentt. procc. C-80/11 e C-142/11): essendo l’IVA una imposta comunitaria, infatti, il principale riferimento interpretativo rimangono le sentenze della CJE, immediatamente applicabili, così come statuito anche dalla Corte Costituzionale italiana (sent. 198/1991): “la parola della Corte di Giustizia Europea deve trovare immediata applicazione non solo da parte del Giudice nazionale nell’esercizio della sua giurisdizione, ma anche della stessa Pubblica Amministrazione nello svolgimento della sua attività amministrativa”.
Secondo la CJE, pertanto, il contribuente per poter essere sanzionato per la detrazione di IVA mai versata, deve aver tenuto un comportamento quantomeno gravemente colpevole in relazione alle basilari indagini richieste nei rapporti commerciali – non potendosi dunque parlare in nessun caso di responsabilità oggettiva. Se diversamente fosse, infatti, verrebbe anzitutto meno il principio del legittimo affidamento, con facoltà per l’Erario di recuperare a tassazione l’IVA detratta sugli acquisti di vendite o servizi dal contribuente il cui fornitore semplicemente non avesse versato l’IVA, senza frodi alcune in atto.
Ne consegue quindi che si potrà riprendere a tassazione l’IVA detratta solo con una oggettiva prova della frode: in altre parole, in punto di oneri probatori spetta all’ente accertatore dimostrare attraverso specifici elementi come il contribuente abbia effettivamente avuto conoscenza della frode IVA o avrebbe potuto averne.
Non va, da ultimo, dimenticato che in caso di una simile contestazione sicuramente vi saranno implicazioni anche in ambito penalistico, per cui occorrerà procedere a verifiche preventive presso la Procura.
Scriveteci ora per esaminare il vostro caso.