La Corte Europea sull’ergastolo ostativo.
28 Ott 2019
Di Giovanna Crupi
L’ergastolo (art. 22 C.p.) è una pena detentiva prevista nel nostro ordinamento la cui caratteristica principale consiste nella perpetuità ed è inflitta per reati gravi e di maggior allarme sociale.
Coloro ai quali è stata inflitta la pena dell’ergastolo, possono comunque, ricorrendo i presupposti di legge, accedere ad alcuni benefici previsti dalla legge penitenziaria. Fra questi, per esempio, la semilibertà, prevista dall’art. 48 o.p., che consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. Ancora, i permessi premio, previsti dall’Art. 30 ter o.p., per coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro; la licenza, prevista dall’art. 52 o.p., di durata non superiore a giorni quarantacinque all’anno, sottoposta al regime della libertà vigilata; la liberazione anticipata, prevista dall’art. 54 o.p, che comporta una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata, tenendo anche in considerazione il periodo trascorso in custodia cautelare o di detenzione domiciliare.
Si considera invece ergastolo ostativo, “l’eccezione alla regola”, ossia l’ergastolo che non permette al condannato di ricevere alcun beneficio o premio, con riferimento ai condannati considerati “altamente pericolosi” in riferimento all’art. 4 bis della L. 26 Luglio 1975, n. 354.
Detta norma, elenca una serie di reati di particolare allarme sociale che sarebbero ostativi al riconoscimento di benefici e misure alternative. Fra questi, a titolo non esaustivo, compaiono i reati associativi di tipo mafioso (art. 416bis c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), associazione finalizzata al traffico di droga (art. 74 D.P.R n. 309/1990).
La Corte di Strasburgo, con Sentenza 13 giugno 2019, si è pronunciata sulle modalità operative dell’ergastolo ostativo nell’ordinamento italiano, a seguito di ricorso di Marcello Viola.
Questi fu condannato una prima volta a dodici anni reclusione per delitti associativi di tipo mafioso quale promotore e poi in un secondo processo fu condannato alla pena dell’ergastolo, essendo stato ritenuto colpevole altresì di omicidio.
Nel ricorso Marcello Viola deduce l’illegittimità dell’ergastolo ostativo avuto riguardo all’art. 3 CEDU, considerato che la pena dell’ergastolo per i reati di cui all’art. 4bis della legge sull’ordinamento penitenziario perde il suo carattere ostativo, solo laddove il condannato provveda a collaborare coll’autorità giudiziaria ex art. 58 ter o.p..
Ad avviso della CEDU, la possibilità di accedere ai benefici penitenziari solo attraverso collaborazione con la giustizia non è ritenuta un correttivo sufficiente, ed è considerata trattamento contrario alla dignità umana.
La mancata collaborazione con la giustizia, specifica la Corte di Strasburgo, non deve essere e non è sempre sinonimo di pericolosità, pertanto deve essere offerta al detenuto la possibilità di reinserimento all’interno della società, dovendosi dunque preventivamente stabilire per i condannati le condizioni ulteriori e diverse dalla collaborazione da assolvere per poter aspirare alla liberazione, e d’altra parte strutturare la procedura attraverso riesami periodici della situazione del detenuto.
Hai bisogno di maggiori informazioni riguardo il tema dell’ergastolo ostativo? Consulta la nostra area di attività inerente al diritto penale oppure contattaci per un colloquio orientativo gratuito. Il nostro team di avvocati penalisti a Milano è a vostra completa disposizione!