La negoziazione assistita e il ruolo dell’avvocato
17 Lug 2015
Il nuovo istituto della negoziazione assistita ha trovato ingresso nell’ordinamento giuridico italiano con il recente “decreto giustizia” (d.l. n. 132/2014).
La nuova procedura di negoziazione assistita mira a “degiurisdizionalizzare” i contenziosi, costituendo un’alternativa stragiudiziale all’ordinaria risoluzione dei conflitti.
La negoziazione assistita consiste nell’accordo (c.d. convenzione di negoziazione) tramite il quale le parti in lite convengono “di cooperare in buona fede e lealtà”, al fine di risolvere in via amichevole una controversia, tramite l’assistenza di avvocati (diverso, quindi, dal procedimento di mediazione obbligatoria che vedeva come mediatore un soggetto non necessariamente preparato in ambito legale).
La convenzione deve contenere il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura, che non può essere inferiore a un mese e superiore a tre, e l’oggetto della controversia, che non può riguardare né i diritti indisponibili né diritto del lavoro.
La convenzione deve essere redatta, a pena di nullità, in forma scritta e deve essere conclusa con l’assistenza di uno o più avvocati, i quali certificano l’autografia delle sottoscrizioni apposte all’accordo sotto la propria responsabilità professionale.
Infatti, il nuovo istituto assegna un ruolo determinante agli avvocati, ai quali vengono conferiti determinati poteri e attribuiti una serie di obblighi cui attenersi scrupolosamente al fine di non incorrere in illeciti deontologici e disciplinari.
Oltre all’obbligatorietà dell’assistenza “di uno o più legali” (ex art. 2, comma 5, d.l. n. 132/2014), elemento cardine della stessa negoziazione, agli avvocati vengono attribuiti, infatti, poteri di autentica e di certificazione delle sottoscrizioni autografe delle parti, della dichiarazione di mancato accordo, nonché della conformità della convenzione alle norme imperative e all’ordine pubblico.