L’evasione fiscale è reato?
27 Nov 2020
Avv. Sara Cimadoro
L’evasione fiscale è un reato?
Non sempre. L’evasione fiscale è reato tributario solo se supera determinate soglie o se si sostanzia in particolari comportamenti tipizzati dalla legge.
Infatti, solitamente, chi nasconde uno o più redditi percepiti nell’anno di imposta commette solo un illecito tributario (dunque, una violazione di natura amministrativa), con l’unica conseguenza che si procederà al recupero delle somme non versate oltre al pagamenti di sanzioni pecuniarie (solitamente pari all’importo dell’imposta non versata).
Ad esempio, chi non dichiara un compenso irrisorio ricevuto da un cliente non commette un “reato di evasione fiscale”, ma è soggetto solo a due conseguenze: l’Agenzia delle Entrate “recupera a tassazione” tali importi (ossia li fa rientrare nella base imponibile da cui invece erano stati nascosti dal contribuente) e applica poi le sanzioni pecuniarie.
EVASIONE FISCALE quindi QUANDO è REATO?
L’evasione fiscale costituisce un reato solo oltre determinate “soglie”, che fanno scattare la responsabilità penale. La soglia oltre la quale scatta il reato varia a seconda dell’illecito commesso.
Vediamo, quindi, singolarmente alcuni dei casi in cui l’evasione fiscale è reato.
L’evasione è reato nei casi di:
- 1. dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti,
- 2. dichiarazione mediante altri artifici,
- 3. dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione avuto riguardo alle soglie di rilevanza previste dal legislatore.
DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI
Il reato di dichiarazione fraudolenta, ex art. 2 d.lgs 74/2000, ricorre tutte le volte in cui la dichiarazione, è sorretta da un impianto contabile o documentale di comodo (ossia, non veritiero) e, quindi, in grado di sviare o intralciare la successiva attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria (ciò accade, ad esempio, quando si gonfiano i costi per diminuire l’imponibile e l’imposta dovuta).
Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
In forza della recente l. 19 dicembre 2019, n. 157, la summenzionata condotta è punita con la reclusione da quattro a otto anni.
Se, però, l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.
È il delitto che ha la caratteristica di qualificarsi come più grave ed, infatti non sono previste delle soglie di punibilità. Se, però, l’“evasione” non supera il valore di centomila euro, è previsto un trattamento sanzionatorio meno severo.
DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE ALTRI ARTIFICI
Gli elementi costitutivi del delitto di dichiarazione fraudolenta, mediante artifici diversi dall’utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, sono tracciati dall’art. 3 del d.lgs 74/2000.
La predetta norma stabilisce che, fuori dai casi previsti dall’articolo 2 (quindi, all’ipotesi in cui la dichiarazione avviene mediante l’uso di fatture o altri documenti), è punito con la reclusione da tre a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate ovvero avvalendosi di documenti falsi, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo (ossia, indica guadagni inferiori per pagare meno tasse) od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi (per scorporare alcune somme dalle tasse).
La suddetta condotta di evasione, tuttavia, non è punita sempre, ma solo nei casi in cui concorrano due condizioni, entrambe rappresentanti “soglie di punibilità”, solo raggiunte le quali la condotta “illecita” è penalmente punita:
- 1. l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila;
- 2. l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, è superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila.
Anche in tal caso il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
DICHIARAZIONE INFEDELE
La dichiarazione infedele, ex art. 4 del D.lgs. 74/2000, consiste in dichiarazioni non veritiere al di fuori dei casi precedenti, senza, quindi che siano posti in essere particolari artifizi, ma comunque consapevolmente e volontariamente.
Ha un impianto per molti versi simile a quello della dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Si tratta di un delitto praticabile da chiunque (anche non obbligato alla tenuta della contabilità) e che si consuma quando, al fine di evadere l’IVA o le imposte sui redditi, in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, siano indicati elementi attivi per un ammontare inferiori a quello effettivo od elementi passivi inesistenti.
Anche in tal caso, tuttavia, la condotta non è punita a priori ma solo se concorrono alcune condizioni:
- L’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila;
- l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.
Ci sono poi delle esclusioni.
Per esempio:
Ai sensi del comma 1-bis dell’art. 4 ai fini della configurabilità del reato non si tiene conto della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
Inoltre, al di fuori delle ipotesi appena viste, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che, complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette.
Il delitto di dichiarazione infedele è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi.
OMESSA DICHIARAZIONE
Il reato di omessa dichiarazione è previsto e punito dall’art. 5 del d.lgs 74/2000 ed è integrato quando un soggetto, pur essendovi obbligato, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta una delle dichiarazioni relative a dette imposte. Quindi, nell’ipotesi in cui “altera” la dichiarazione presentata, ma si determina a non presentarla proprio.
La predetta condotta è punita con la reclusione da due a cinque anni ma solo qualora l’imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, ad euro cinquantamila.
È, inoltre, sottoposto alla medesima sanzione chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.
In entrambi i casi, non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
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