Maltrattamento di animali: il reato previsto dall’art. 544-ter c.p.
15 Apr 2015
Il reato di “maltrattamento di animali” è disciplinato dall’art. 544-ter c.p., che punisce “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche“.
Il secondo comma punisce altresì il c.d. “reato di doping a danno di animali”, con l’intento di reprimere in particolar modo le scommesse clandestine e le competizioni tra animali, disponendo che le stesse pene previste dal primo comma si applichino “a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate, ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi“.
Dunque, il reato in questione punisce chiunque si renda autore di lesioni o sevizie ad un animale: la giurisprudenza di legittimità ha però chiarito che per integrare il reato non occorrono lesioni necessariamente fisiche, ma è sufficiente la sofferenza dell’animale anche in termini di lesioni ambientali, comportamentali, psichiche e di incompatibilità con il comportamento tipico della specie.
La giurisprudenza è poi andata oltre, ravvisando il reato in parola non solo qualora vi siano delle azioni materiali che effettivamente ledano le condizioni di vita e salute dell’animale, ma anche attraverso condotte omissive che causino sofferenza, per mancanza di cure, inedia, inezia e così via.
Così, per esempio, il Tribunale di La Spezia (03 ottobre 2014 n. 839) ha stabilito che risponde del reato di maltrattamento di animali p. e p. dall’art. 544 ter c.p. l’imputato che abbia custodito degli animali, in parte propri in parte affidatigli da terzi, con carenze di acqua e cibo, in assenza di luce, privati delle elementari necessità di spazio e movimento, in parte nutriti in modo incongruo e in parte denutriti, atteso che tutto ciò è sintomatico di una prolungata, consapevole e volontaria protrazione da parte dell’imputato di una situazione di custodia degli animali non caratterizzata soltanto da un’incuria qualificabile come comportamento colposo, ma anche da una condizione che non poteva che essere stata consapevolmente attuata per un periodo prolungato.
Il terzo comma dell’art. 544-ter introduce una speciale circostanza aggravante, la quale prevede, nel caso di morte dell’animale, in seguito alle condotte di maltrattamento disciplinate dal primo comma, che la pena sia aumentata della metà. Insomma, in caso di verifichi la conseguenza non voluta della morte, si avrà una sorta di delitto “preterintenzionale“.
Il reato di cui all’art. 544-ter c.p. è perseguibile d’ufficio, pertanto, nonappena l’autorità giudiziaria riceva la notizia del fatto di maltrattamento, deve procedere autonomamente alle indagini anche in assenza di querela.