Cosa succede se non ritiro le raccomandate?

Cosa succede se non ritiro le raccomandate?

13 Gen 2016

In molti casi clienti sono arrivati in studio dicendoci che avevano scoperto “per caso” dell’esistenza di un procedimento civile/penale/di esecuzione sui loro beni. Come era possibile che nessuno li avesse avvisati di una cosa così importante?

Ed, in effetti, la legge riconosce l’importanza per tutte le parti di avere conoscenza dei procedimenti giudiziari che li vedono interessati, tanto che uno dei principi cardine del nostro ordinamento è quello del contraddittorio.

Questo principio, previsto anche dall’art. 111 della Costituzione, postula che ciascuna parte debba essere messa in condizione di conoscere richieste a proprio carico e dedurre le proprie difese, nondimeno, in linea di principio non è ammesso che le prove del processo si formino senza che il contraddittorio fra le parti sia idoneamente integrato (in particolare, nel processo penale, il codice di procedura prevede una articolata disciplina ed importanti sanzioni per gli atti non acquisiti nel contraddittorio fra le parti).

Orbene, torniamo alla situazione originaria: quando un cliente si presenta dicendo che ha scoperto per caso di un processo, solo nel 5% dei casi effettivamente c’è stato un problema di notificazione che nessuno ha rilevato. In questi casi è (quasi) sempre possibile tornare indietro per invalidare gli atti che sono stati emessi senza rispettare il contraddittorio, proprio perché  come abbiamo detto il diritto di difesa è tutelato a livello costituzionale.

E nel restante 95% dei casi? Purtroppo, nella nostra esperienza, si tratta di atti che sono stati correttamente notificati ma mai ritirati dalla parte. Sappiamo infatti che è nostro diritto non ritirare, ed addirittura rifiutare gli atti o le raccomandate. Ma bisogna anzitutto sapere che la raccomandata e gli atti inviati presso la residenza del destinatario, anche se rifiutati o non ritirati, si considerano ugualmente validi!

La raccomandata, in caso di rifiuto o assenza del destinatario, infatti, viene depositata presso l’ufficio postale dandone informazione all’interessato. Decorso un mese, la raccomandata tornerà al mittente, ritenendosi notificata per “compiuta giacenza”.

La conseguenza della compiuta giacenza è che qualsiasi doglianza o diffida o informazione contenuta nel plico, si presume conosciuta dal destinatario e validamente comunicazione.

Ecco come è possibile che i procedimenti vadano avanti senza che se ne abbia avuta comunicazione: perché molte volte non ci si è fatti parte diligente e non si è ritirata la raccomandata che pur correttamente ci era stata notificata.

Conoscendo queste (sbagliate) usanze, quando siamo noi i mittenti di comunicazioni che vogliamo raggiungano i destinatari (spesso si tratta di comunicazioni inerenti questioni di diritto di famiglia) e si ha il sospetto che il destinatario possa non ritirare la comunicazione, oltre alla raccomandata invieremo anche una lettera per posta ordinaria, ma questo è un qualcosa in più, che non sposta minimamente i termini della questione.

Il procedimento di giacenza è invece diverso se si tratta di una raccomandata che contenga atto giudiziario, sanzione amministrativa o cartella di pagamento. In questo caso, l’atto sarà depositato presso la casa comunale e successivamente sarà inviata al destinatario una ulteriore raccomandata per avvisarlo dell’avvenuto deposito. Anche in questo caso però la notifica si intenderà perfezionata anche se l’atto non sarà ritirato.