Omicidio del consenziente e fine vita: il referendum

Omicidio del consenziente e fine vita: il referendum

19 Lug 2021

Ricordi il caso di Piergiorgio Welby?

Fu tra i primi, insieme alla moglie, a lottare per la legalizzazione del testamento biologico e per il diritto all’eutanasia. La distrofia muscolare di cui era affetto lo portò ben presto a non poter più camminare, parlare, respirare in autonomia. Chiese più volte di essere lasciato andare, a mente lucida. Se non ricordi la sua storia, leggi il >> nostro articolo.

Da allora, ad oggi, non è cambiato molto dal punto di vista legislativo sul fine vita.

Ad oggi, non esiste ancora una legge che permetta il c.d. suicidio assistito.

Il vuoto normativo, però, è stato parzialmente colmato da due pronunce della Corte Costituzionale, che hanno dato una spinta importante verso la concezione personalistica del bene vita e la libertà di autodeterminazione anche nelle fasi finali dell’esistenza, specie quando si tratta di persone che versano in condizioni di grande sofferenza.

La Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 207/2018 e la sentenza n. 242/2019, ha individuato una circoscritta area di non conformità costituzionale del reato di cui all’art. 580 c.p.

In particolare, ha ritenuto la Corte, che l’articolo in parola sia illegittimo nella parte in cui non esclude la punibilità di chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formato, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ritiene intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

In altre parole, la Corte Costituzionale, si è occupata – in luogo del legislatore – di dettare delle linee guida importantissime per il c.d. suicidio assistito.

La Corte Costituzionale ha dettato una vera e propria procedura di controllo preventivo delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio, prendendo come punto di riferimento la legge n. 219/2017 (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di testamento”) che già definisce una “procedura medicalizzata”, affidata a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale, a favore delle persone che vogliono lasciarsi morire mediante la rinuncia a trattamenti sanitari alla loro sopravvivenza.

Infatti, vi è una differenza fra la rinuncia ai trattamenti sanitari e l’aiuto al suicidio.

L’aiuto al suicidio

Si realizza attraverso la messa a disposizione di un farmaco letale al soggetto interessato, la Corte Costituzionale nella procedura di controllo ha stabilito che la struttura pubblica dovrà verificare tutti i requisiti sostanziali (patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, sottoposizione a trattamenti di sostegno vitale, capacità di autodeterminazione) e proseguire secondo modalità che garantiscano la dignità del paziente ed evitino sofferenze e abusi in danno di persone vulnerabili.

In particolare, il personale sanitario dovrà accertare e documentare la capacità di autodeterminazione del paziente e il carattere libero e informato della scelta espressa, nonché prospettare le possibili alternative come la terapia del dolore e l’erogazione di cure palliative.

Il referendum abrogativo sull’omicidio del consenziente

È partita, il 16/6/2021, la raccolta firme per il referendum sulla parziale abrogazione dell’art. 579 del codice penale, norma che prevede e punisce, con la reclusione da 6 a 15 anni, il c.d. omicidio del consenziente.

Il referendum propone di prevedere la responsabilità penale di chi cagiona la morte di una persona con il consenso di questa, solamente se il fatto è commesso contro un minorenne, o infermo di mente, o in condizioni di deficienza psichica determinata anche dall’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti, o nel caso in cui il consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o suggestione ovvero carpito con inganno.

Il quesito referendario si inserisce nel quadro dei principi enunciati recentemente dalla Corte Costituzionale di cui ai paragrafi precedenti.

 

Scrivici, se vuoi saperne di più: info@avvocatiporettipassalacqua.it