Pagare l’avvocato con i gioielli?

Pagare l’avvocato con i gioielli?

15 Apr 2014

Oggi ho ricevuto una richiesta via e-mail abbastanza stravagante. Si trattava della proposta di un signore, proprietario di un banco raccolta oro e preziosi (attività, ad oggi, assolutamente legale) che mi proponeva una “partnership” commerciale. In altre parole, affidandomi alla sua attività, avrei potuto riscattare orologi, diamanti, gioielli dei clienti che – vista la crisi economica – faticano a pagare i servigi del sottoscritto difensore.

Ho risposto al signore che non ero interessata poiché ritenevo che invitare un cliente a saldare il quantum della mia parcella vendendo i propri beni ad un “banco dei pegni” non fosse propriamente conforme al codice deontologico che vincola ogni avvocato (e praticante) iscritto all’albo.

Non era ovviamente mia intenzione offendere il signore, né pormi in modo troppo “altezzoso” rispetto alla Sua proposta: sono un avvocato e come molti dei miei colleghi, lavoro per vivere. Da qui è pacifico che valuti il tempo ed il denaro spesi in passato (ed in futuro…!) in formazione universitaria, aggiornamento professionale, come degli investimenti – che quindi in un futuro mi dovranno tornare. Del pari, valuto il mio lavoro come un lavoro, e non un hobby. Lavoro che quindi mi necessita per arrivare a fine mese e pagare le tasse, la previdenza forense, il cibo, l’affitto, la luce, il gas…

Fermo restando che tutto il nostro mondo è mosso dal denaro, la funzione che il nostro legislatore ha voluto dare alla figura dell’avvocato, è però quella di un soggetto che (passato un esame di stato) svolga una funzione di chiaro interesse pubblicistico: la tutela dei fini della giustizia e il diritto alla difesa del proprio assistito.

Quando infatti sono diventata avvocato, mi sono solennemente dovuta impegnare davanti al mio Consiglio dell’Ordine e ad un centinaio di altri colleghi avvocati recitando la seguente formula:

“Consapevole della dignità della professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento”.

Capita quindi che, per il supremo diritto alla difesa, spesso si chiuda un occhio davanti a una situazione complicata, concedendo (infinite!) dilazioni di pagamento, concordando modalità di corresponsione del saldo parcella che incontrino le esigenze dei clienti più in difficoltà o che si indirizzi l’assistito verso il gratuito patrocinio… anche se il saldo della propria parcella sarà liquidato dallo stato probabilmente dimezzato e dopo anni di attesa.

Bene, il signore del banco di raccolta mi ha risposto dicendo che non capiva le mie perplessità poiché ad oggi molti dei miei colleghi avvocati si sono già rivolti a lui. Fermo restando che ogni situazione è ovviamente particolare e non posso entrare nel merito di questa asserzione… credo però in un momento storico ed economico come quello in cui viviamo che dovremmo imparare a conoscere gli strumenti che la Costituzione, il legislatore e lo stato ci danno per poter esercitare i Nostri diritti anche senza dover ricorrere alla vendita dei propri beni su sollecitazione del proprio difensore. Ed anzi, in linea generale, diffiderei dell’avvocato che vi chieda di vendere l’orologio per pagare la sua parcella.

Auguro quindi a tutti di avere la pazienza e la fiducia di trovare un difensore che vi indirizzi verso la soluzione più corretta per la Vostra situazione. Ci sono ancora oggi, come un tempo, molti avvocati che credono in quello che fanno e nella propria funzione sociale.