E’ legittimo pagare la mia compagna affinché abortisca?
13 Lug 2016
La mia compagna è incinta, ma io non voglio il figlio. Vorrei pagarla per terminare la nostra storia ed indurla ad abortire, penso che accetterebbe perché si trova in condizioni economiche precarie. E’ lecito? A quali sanzioni vado incontro?
L’esame della legittimità dell’istigazione/induzione all’aborto a fronte di una dazione di denaro dovrà necessariamente operare sui distinti piani del diritto penale e del diritto civile.
Il diritto penale realizza la facoltà punitiva dello stato, ricollegando ad una fattispecie tipica di cui la condotta concreta rivesta tutti gli elementi, una sanzione denominata «pena», di natura pecuniaria, detentiva, od entrambe.
Il diritto civile invece si occupa di tutelare i rapporti fra privati ed i diritti della persona umana.
In ottica squisitamente penalistica va premesso che i reati di cui al titolo X libro II del codice penale, recante le norme sui delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe sono stati abrogati dall’art. 22 della legge 194/78 («norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza»), e pertanto potrà andare esente da censura penale la condotta del soggetto che «acquisti» l’interruzione di gravidanza di una gestante.
Infatti, l’offerta di denaro in cambio dell’interruzione di gravidanza, in astratto, fatica ad integrare le fattispecie di reato tipiche per come previste dall’ordinamento. Tuttavia, rimane ferma la sicura rilevanza penale di qualsivoglia pratica che preveda la costrizione all’aborto, la sottoposizione della gestante a minacce, violenza, ovvero a trattamenti sanitari indesiderati, anche in conseguenza dei quali si possa perdere il feto.
Esclusa la rilevanza penale della condotta esaminanda, va però rilevato in ottica civilistica che il contratto che preveda una dazione di denaro in cambio dell’interruzione della gravidanza, non può comunque ritenersi valido e legittimamente tutelabile alla luce dei principi di diritto vigenti.
Infatti, alla luce degli effetti della condotta in esame ed indipendentemente dallo schema giuridico utilizzabile per giungere ad un accordo in merito, un «contratto di aborto» è un negozio giuridico avente per oggetto la messa a disposizione del proprio corpo in cambio di una dazione di denaro. Non può non saltare immediatamente all’occhio la contrarietà in primis con l’art. 5 del codice civile, il quale vieta “gli atti di disposizione del proprio corpo, quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge (579 c.p.), all’ordine pubblico o al buon costume (32 Cost.)”.
Orbene, il diritto all’ integrità fisica è il diritto al godimento del proprio organismo nella sua interezza e sanità naturale. E’ diritto assoluto, irrinunciabile ed indisponibile.
L’atto dispositivo è in generale vietato, salva la legittimità dello stesso qualora rispetti i limiti previsti dall’articolo citato.
Il limite di carattere speciale, sancito dalla norma, pone la menomazione irreversibile quale discrimen tra ciò che è ammissibile (es. la donazione del sangue, espressamente consentita e disciplinata dalla L. 592/1967) e ciò che è vietato (es. il trapianto di cornea di persona vivente, che pregiudicherebbe irrimediabilmente la funzione della vista).
I limiti posti dall’articolo in esame proseguono poi verso concetti giuridici di ordine generale: sono vietati atti di disposizione contrari ai principi generali dell’ordinamento dell’ordine pubblico, e del buon costume (ossia i precetti morali dominanti in un certo momento storico). Oltre poi, a quelli espressamente vietati dalla legge.
Tanto chiarito pare chiara la illiceità della pratica in esame, specie alla luce del carattere oneroso del contratto che viene a minare la determinazione libera della parte nella scelta sull’interruzione della gravidanza (in primis laddove sussista una situazione economica precaria), nonché a porsi in contrasto con i principi di ordine pubblico e buon costume.
Infine, occorre rilevare che l’esigenza di tutela degli interessi delle parti, specie dell’acquirente, sarebbe di fatto impedita alla luce dei rimedi giuridici utilizzabili in caso di inadempimento della madre: come eseguire in forma specifica innanzi al rifiuto della madre di portare avanti l’interruzione di gravidanza?
Concludendo, va senz’altro esclusa la liceità di un «contratto di aborto», di tal che anche raggiunto un accordo in merito, ne sarebbero comunque preclusi i successivi rimedi.
Vero è tuttavia che la nullità del contratto ha efficacia ex tunc, e dunque il pagamento eseguito sulla base di un contratto nullo dà diritto a svolgere un’azione di ripetizione di quanto versato.