Tentata estorsione verso il genitore: il tentativo non punibile
23 Mag 2017
La Corte d’Appello di Cagliari, Sez. II, con la sentenza del 9 febbraio 2017, n. 45, ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione, secondo cui il tentativo di estorsione commesso con minaccia in danno del genitore non è punibile ex art. 649 comma 3, c.p. in quanto le ipotesi criminose che rimangono escluse dall’operatività della disposizione concernono i delitti consumati previsti dagli artt. 628, 629 e 620 c.p. e tutti i delitti contro il patrimonio, anche se tentati, che siano commessi con violenza.
La disposizione richiamata infatti così recita:
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:
1) del coniuge non legalmente separato;
2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell’adottante o dell’adottato;
3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll’autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell’affine in secondo grado con lui conviventi.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.
Così argomentando, la Corte d’Appello – dopo aver confermato la condanna dell’imputato per maltrattamenti ex art. 572 c.p. – ha, in riforma della sentenza del giudice di primo grado, assolto l’imputato dall’accusa di tentata estorsione (capo B) in quanto persona non punibile ai sensi dell’art. 649 c.p. e, conseguentemente, ridotto la pena complessiva a lui inflitta.