Carcerati e diritto allo studio
05 Ott 2020
Ai detenuti è garantito un diritto allo studio?
Il diritto allo studio dei detenuti è materia compresa nell’ordinamento penitenziario e relativo regolamento di esecuzione.
L’istruzione viene intesa come opportunità di rieducazione e risocializzazione del condannato, proprio come specificato dall’art. 15 ord. penit., che nel comma 1 disciplina: “Il trattamento del condannato e dell’internato è svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione, della formazione professionale, del lavoro, della partecipazione a progetti di pubblica utilità, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia”.
L’obiettivo della norma dunque è quello di riconoscere al condannato la possibilità di formarsi sia scolasticamente sia professionalmente, attraverso la partecipazione a progetti offerti per agevolare i rapporti con il mondo esterno e i rapporti con i familiari.
La formazione scolastica minimizza il rischio di recidiva
E’ provato che la formazione scolastica ed ancora di più quella professionale minimizzino il rischio di recidiva nei detenuti che abbiano scontato un periodo in carcere, e poi abbiano proseguito l’espiazione della pena in misura alternativa.
Del resto, è la stessa Costituzione a garantire il diritto allo studio a tutti i cittadini. L’art. 34 Cost. stabilisce: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”, riconoscendo in modo chiaro che il diritto d’istruzione appartiene a tutti, indipendentemente dalle condizioni in cui ciascuno versa.
Come si concilia il diritto allo studio col trattamento carcerario?
Risponde al quesito l’art. 19 ord. penit. : “negli istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, è curata mediante l’organizzazione dei corsi della scuola dell’obbligo e dei corsi di addestramento professionale, secondo gli ordinamenti vigenti e con l’ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti”.
Con riferimento alla cura della formazione culturale e professionale si comprende come la stessa amministrazione debba impegnarsi per assicurare l’organizzazione scolastica negli istituti penitenziari.
Detta organizzazione deve essere in particolare orientata verso i detenuti di età compresa tra i 18 e i 25 anni in quanto l’art. 19 co. 2 sancisce che “particolare cura è dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di età inferiore ai venticinque anni”.
Nei confronti di questa categoria di detenuti l’istruzione assume particolare rilievo proprio in ragione dei potenziali effetti risocializzanti, anche in ottica risolutiva di problemi di adattamento sociale.
Quali studi può svolgere un detenuto?
Il comma 3 dell’art. 19 è una norma chiave nell’organizzazione scolastica, in quanto prevede che: “con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere istituite scuole d’istruzione secondaria di secondo grado negli istituti penitenziari”. In altre parole, all’interno degli istituti penitenziari si assicura la presenza almeno di una scuola superiore, mentre lo svolgimento di corsi universitari ed equiparati è subordinato ad accordi fra le Università e le accademie di privata formazione, e l’amministrazione penitenziaria (il comma 4 dell’art.19 prevede che: “è agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed è favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione”).
Possono affrontare il percorso di studi universitario sia coloro che erano sottoposti a condanna, sia coloro che siano sottoposti a misure cautelari, in possesso dei requisiti scolastici normalmente necessari per potersi iscrivere ai corsi universitari in Italia.